Presentazione alla comunità
La comunità del Seminario
La comunità del Seminario è oggi composta da undici giovani. Il percorso formativo prevede
un periodo propedeutico (e/o un anno di stage pastorale) e sei anni di studi filosofici e
teologici.
Luca, 19 anni, Sassuolo, anno propedeutico
Simone, 19 anni, Comunità Sacerdotale Familiaris Consortio, Albinea, I teologia
Luca, 26 anni, Medjugorje, I teologia
Antonio, 36 anni, Reggio Emilia, II teologia
Francesco, 29 anni, Guastalla, II teologia
Boniface, 25 anni, Comunità Regina Pacis, Costa d'Avorio, IV teologia
Florent, 40 anni, Comunità Regina Pacis, Costa d'Avorio, IV teologia
Francesco, 25 anni, Comunità Sacerdotale Familiaris Consortio, Albinea, V teologia
don Paolo, 35 anni, Rio Saliceto, VI teologia
don Sebastiano, 32 anni, Casalgrande, VI teologia
don Marcello, 38 anni, Marola, risiede a Montecchio Emilia
don Alessandro Ravazzini, rettore
don Luigi Orlandini, vice-rettore
don Edoardo Ruina, direttore spirituale
don Matteo Mioni, direttore spirituale
don Pietro Paterlini, direttore spirituale
La vita dei seminaristi
La vita del seminarista si sviluppa principalmente in tre ambiti: vita comunitaria, studio,
servizio pastorale.
- La vita comunitaria è scandita da un ritmo di preghiera (lodi e meditazione al
mattino, vespri e messa alla sera, preghiera personale e condivisione), da alcuni
appuntamenti formativi e dagli impegni che appartengono alla quotidianità di ogni
famiglia (pulizie, servizio a tavola, momenti di svago, di amicizia e di fraternità …). La
concretezza della vita feriale è un luogo prezioso di maturazione umana e spirituale,
sia per i singoli che per l'intera comunità.
- Lo studio impegna i seminaristi per sei anni, gli esami da sostenere sono circa ottanta
e il percorso termina con la discussione di un elaborato scritto (tesi) e la presentazione
di un argomento a scelta (lectio coram).
- Nel servizio pastorale i seminaristi condividono il ministero che un sacerdote svolge
in un'Unità Pastorale o in un Ufficio Diocesano. La finalità della proposta è l'educazione
del cuore alla carità pastorale, mediante la fraternità e il confronto, la partecipazione
alla vita di una comunità cristiana e la conoscenza di percorsi in cui prende forma
l'annuncio del Vangelo.
Alcuni dati
Lungo l'annata 2019-2020 sono state celebrate tre ordinazioni presbiterali e tre ordinazioni
diaconali. Le prossime ordinazioni si terranno sabato 22 maggio 2021. Da settembre 2020 si
sono uniti alla comunità dei seminaristi due giovani.
Un invito!
Messa con la comunità del Seminario: ogni martedì alle ore 19.30 nella chiesa di Sant'Agostino
Settimana comunitaria (per giovani dai 18 anni in su): 21-26 Marzo 2021
Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni: domenica 25 Aprile 2021
Ordinazioni presbiterali e diaconali: sabato 22 maggio 2021
Commento alle letture
II Domenica del Tempo Ordinario
Il Signore chiama per nome
1Sam 3,3b.-10.19
Sal 39
1Cor 6,13c-15a.17-20
Gv 1,35-42.
Dalle letture di questa Domenica, Giornata diocesana del Seminario, emerge in modo chiarissimo
il tema della vocazione.
Per cinque volte il Signore si rivolge a un ragazzo con una sola parola, il suo nome: «Samuele!». E
quando finalmente viene compresa l'origine misteriosa di quella chiamata, la risposta è: «Parla
Signore, perché il tuo servo ti ascolta». Può darsi che il racconto voglia giustificare il nome di
Samuele secondo un'etimologia popolare («Dio lo ha chiamato»); in ogni modo vengono messi in
luce gli elementi essenziali di ogni vocazione.
A cominciare dal rapporto interpersonale con Dio: Dio si presenta nella vita dell'uomo come suo
vero interlocutore che chiama per nome e al quale si risponde col «tu».
Chiamata e Risposta
È significativo che la voce di Dio venga ripetutamente interpretata come la voce di un uomo, di
Eli: Dio entra così delicatamente nella vita di Samuele da presentarsi al suo livello, da poter essere
confuso con un uomo. Questo antropomorfismo può irritare l'intellettuale che è in noi ma può
anche suscitare la consapevolezza di noi stessi: siamo chiamati per nome da Dio; abbiamo quindi
davanti a lui un'identità precisa; la vocazione non ci toglie la dimensione personale ma al
contrario ci risveglia a essere noi stessi.
Così la risposta di Samuele: «Parla, perché il tuo servo ti ascolta» va intesa certo come un
riconoscimento della sovranità di Dio del quale l'uomo è al servizio; ma va intesa anche come
affermazione del proprio valore e della propria dignità che si esprimono nella missione. Samuele
«non lasciò andare a vuoto una sola delle parole» del Signore. Non è bello? Samuele è strumento
di Dio come portatore di quella parola che ha creato il mondo e che lo rinnova. Acquista un
significato stupendo la vita di un profeta che trasmette la parola di Dio; ma acquista un valore
solido la vita di ogni uomo che riceve da Dio una vocazione e una missione.
Maestro, dove abiti?
Lo si vede anche nel Vangelo dove Giovanni narra la ricerca di un luogo dove poter trovare riposo.
Si noti come è costruito il racconto: due discepoli si trovano presso il Battista; sono là, fermi, ma
solo perché non sanno dove andare. Il Battista non è il luogo definitivo dove l'uomo possa trovare
riposo. Tanto che quando Gesù passa e Giovanni lo indica come l'agnello di Dio, i due discepoli
si mettono a seguire Gesù. Viene posta a loro una domanda precisa: «Che cosa cercate?». Sono le
prime parole di Gesù nel quarto Vangelo ed esprimono un invito a prendere coscienza di sé:
cercano qualcosa, quindi non sono soddisfatti di ciò che possiedono.
Ma è solo inquietudine il loro seguire Gesù? «Che cosa cercate?». Ricchezza o potere, serenità o
sicurezza, successo o riuscita; che cosa cercate? Gli risposero: Rabbi, dove abiti? Si può
interpretare la domanda in senso banale, come se si chiedesse a Gesù l'indirizzo di casa. Ma chi
ricorda il prologo del Vangelo sa che il Verbo stesso di Dio è venuto ad abitare in mezzo a noi.
C'è dunque, nel nostro mondo, un luogo che è particolarmente ricco di significato perché lì si
trova la parola di Dio mediante cui il mondo è stato creato. Trovare questo luogo significa avere la
propria vita illuminata, poter dare uno scopo alle fatiche e alle sofferenze dell'esistenza; dunque:
Maestro, dove abiti? «Venite e vedrete. Andarono... videro... si fermarono presso di lui».
II luogo dunque è Lui, non una casa o una tenda ma Lui, la persona stessa di Gesù; è presso di Lui
che i discepoli si fermano; è nella comunione e intimità e amicizia con Lui che si trova il riposo
che si cercava. Adesso finalmente ci si può «fermare», perché «chi viene a me non avrà più fame e
chi crede in me non avrà più sete» (Gv 6,35).
Vuol dire che l'incontro con Gesù arresta la vita? che non c'è più nulla da fare o inventare o
costruire? Sembra proprio di no, se è vero che Andrea, dopo l'esperienza dell'incontro, diventa
subito testimone, missionario. Anzi, nel Vangelo di Giovanni è una regola: nessuno può tenere per
sé solo l'esperienza dell'amicizia con Gesù; deve trasmetterla agli altri seguendo un dinamismo di
amore che rende premurosi e attenti. «Quello che abbiamo visto e udito lo annunciamo anche a
voi..., perché la nostra gioia sia piena» (1Gv 1,3-4); non c'è gioia vera che non sia comunicata agli
altri; non c'è conoscenza di Gesù che non diventi missione.
Andrea dunque conduce da Gesù suo fratello: «Gesù, fissando lo sguardo su di lui, disse: Tu sei
Simone, figlio di Giovanni; ti chiamerai Cefa» (che vuol dire Pietro). Pietro non dice una parola: la
sua esperienza consiste essenzialmente nel sentirsi conosciuto da Gesù. Si noti: Gesù non dice
solo ciò che Pietro è («Tu sei Simone, figlio di Giovanni»), ma anche ciò che egli è chiamato a
essere, la sua vocazione («Ti chiamerai Cefa»); in questo modo Gesù dà un orientamento, uno
scopo alla vita di Pietro. E non un orientamento imposto dal di fuori ma che nasce dalla
conoscenza profonda che Gesù ha degli uomini.
Nella visione biblica esistere non è un puro fatto che s'impone e si spiega da sé ma è la risposta a
una chiamata: «Dio disse: sia la Iuce! e la luce fu». Così la vocazione non è un'appendice, un
ornamento che si aggiunge a un'esistenza già completa in se stessa; al contrario la vocazione fa
emergere quella struttura responsoriale dell'esistenza che spesso rimane nascosta e di cui non si
ha conoscenza. Pietro è conosciuto da Gesù, conosciuto nel profondo dove nemmeno la sua
coscienza riesce a tornare; e da Gesù Pietro riceve un nome. Ora è un chiamato e la sua vita sarà
essenzialmente risposta; non la solitudine di un'autoedificazione ma la responsabilità di una
consegna. In questo modo la vita di Pietro diventa significativa per gli altri: non è infatti per lui
stesso che si chiama Cefa, ma per la Chiesa, per i credenti, ai quali sarà punto di riferimento e
garanzia di unità.
La redenzione é per tutta la persona
Il testo di 1Cor 6 può essere legato con le altre letture se lo si legge come rivelazione
dell'ampiezza della vocazione cristiana. I cristiani di Corinto infatti, almeno quella parte della
comunità che consiste nei lassisti considerano naturale l'andare con prostitute e non ne
percepiscono la profonda contraddizione con la vocazione cristiana. Tra i loro argomenti sembra
esserci una svalutazione tutta greca del corpo; la comunione con Dio - dicono - si colloca a livello
interiore, nello spirito dell'uomo; quanto accade al corpo è radicalmente secondario, superficiale,
irrilevante.
La risposta di Paolo è invece un invito a misurare l' ampiezza della vocazione cristiana: questa
abbraccia e coinvolge non solo l'anima e lo spirito ma anche il corpo. Le espressioni dell'apostolo
sono sorprendenti: «Il corpo è per il Signore e il Signore è per il corpo» e cioè: la redenzione che
Cristo ha operato è per la salvezza dell'uomo integrale, quindi anche del corpo.
Il corpo, infatti, non è altro che l'uomo stesso in quanto vive e opera nel mondo ed è questo il
mondo toccato dalla redenzione di Cristo.
Non è cristiana la svalutazione gnostica della materia come se la realtà più vera fosse solo quella
dell'anima. Al contrario: proprio il riconoscimento del valore del corpo fonda la responsabilità in
tutto ciò che lo riguarda.
Don Marcello Mantellini
Don Paolo Lusvardi
Don Sebastiano Busani
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